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Attenzione: Storia ad alto coinvolgimento poetico, può causare noia ai meno sensibili.
Le Origini Prime delle Intuizioni
Come tutti sapete, i neonati arrivano nelle case trasportati dalle cicogne.
Milioni di questi meravigliosi volatili hanno attraversato i cieli del mondo per milioni di anni, sempre con il loro fardello tra il becco.
Come tutti forse non sapete il Centro Controllo Traffico Cicogne (C.C.T.C.) coordina in modo impeccabile i movimenti di questi abili trasportatori di vite…
In quella notte di luglio la cicogna IT044021 doveva portare il sottoscritto in una città ligure.
Sulla carta non doveva essere un viaggio difficile.
Non ero leggerissimo, è vero, ma in fondo si trattava solo di planare sulla terra, in una zona dal clima sempre mite,
con molte correnti termiche ascendenti usate sia dai gabbiani che da altri uccelli,
ampie zone di bagnasciuga ove fare un atterraggio tecnico in caso di stanchezza, e posti con acqua e cibo in abbondanza…
Non mi sarà mai chiaro come facciano i neonati a non avere freddo alla partenza, e soprattutto durante il viaggio, anche se si dice che il trucco è nel fardello di trasporto che è costituito da un materiale segreto dalle caratteristiche uniche…
Già, uniche, ma con un difetto. Non resiste al solletico.
Basta sfiorare appena appena un punto del tessuto che subito si apre un piccolo strappo.
L’ho scoperto per caso.
La mia trasportatrice era ancora su una pista di rullaggio e mi stavo già stufando di quella posizione.
E ho cominciato a toccare il sacco per ingannare il tempo.
Ad ogni mio tocco quel magico involucro si muoveva, sembrava contrarsi per allontanarsi, e poi tornava nella posizione iniziale.
Un altro colpetto... e nel sacco si era aperto un microscopico foro e subito si era autoriparato.
Non ero ancora nato ed ero già curioso dei meccanismi della vita.
E lì è venuta l’idea.
Ho aspettato pazientemente il nostro turno al decollo.
La cicogna improvvisamente ha iniziato a vibrare,
attraverso il fardello sentivo distintamente il rumore delle remiganti che fendevano l’aria,
il respiro di quel maestoso uccello alle cure del quale ero stato affidato si era fatto intenso e profondo,
le zampe toccavano ancora la pista in una serie di saltelli sempre più esili.
Interminabili secondi...
Steso sul fondo del mio sacco guardavo verso l’alto, verso il nodo, e scorgevo il leggero riflesso delle luci oro e argento della pista…
…e un istante dopo, il silenzio assoluto…
E’ come quando ci si tuffa in mare.
Le orecchie si saturano di suoni e pressioni, e poi il silenzio.
Si abbandona un elemento e se ne permea un altro,
avevo lasciato il mio luogo di provenienza e stavo sentendo i primi brividi di un altro…
Potevo starmene tranquillo. Farmi trasportare a destinazione e iniziare la mia scoperta del mondo dopo la mia nascita terrestre.
E invece no.
La mia idea folle si stava per realizzare.
Mi sono girato a pancia in giù, ho grattato il fardello all’altezza della mia testa aprendo un varco e, prima che si richiudesse, ho infilato il viso.
Il tessuto autoriparante si è stretto attorno alle mie guance come una muta da sub.
Sono rimasto immobile sperando che la cicogna non si stesse accorgendo di nulla.
E ho aperto gli occhi.
Il nero era pieno di punti luminosi, le luci di posizione di tanti volatili cargo che erano partiti prima o dopo di noi.
Lontano lontano la base di partenza.
Avevo scoperto quelle che, da umano, avrei chiamato stelle…
E via così, per ore ed ore, riempiendomi gli occhi di qualsiasi cosa arrivasse alla portata della mia visione.
Ricordo la prima alba, le nuvole in alta quota e il profilo tondo della terra in lontananza...
le ore del mattino volando a pelo di nebbia con le chiome degli alberi che sporgevano come isole tropicali...
le ore del mezzogiorno su distese di sabbia increspata come mare...
le ore del tramonto su distese di mare accese di riflessi oro come sabbia,
e poi notti, luci, città, aerei che ci sfrecciavano vicino, umani che ci indicavano da terra,
comignoli fumanti tra i fiocchi di neve, comignoli fumanti tra i fiocchi dei velieri,
e pioggia, vento, e ancora correnti calde come fiato alternate a spifferi freddi come lame…
E poi il sonno.
Avevo terminato le energie della colazione fatta prima della partenza.
E a bordo delle cicogne non si servono pasti.
Mi sono svegliato nella mia città natale. Ma non ero ancora nato.
Ero circondato dal personale di terra, in uno strano luogo senza pareti.
Non c' è voluto molto a capire che l’avevo fatta grossa.
Mai nessun pre-umano aveva visto quello che avevo sbirciato io...
Ricordo una lunga attesa, tanti sguardi su di me, e poi l’arrivo del direttore dello scalo.
Visi scuri, una ramanzina e la spiegazione che mai avrebbero potuto lasciarmi andare nella vita umana con tutto quel bagaglio di visioni già precaricato nel mio cosciente.
Ma non potevano rimandarmi indietro, serviva una soluzione.
E così abbiamo trattato.
La soluzione era semplice. Andavo avanti nel mio percorso ma non avrei ricordato nulla delle meraviglie viste se non sotto forma di sprazzi di fantasia, di idee e di lampi di genio.
Partivo con un micro vantaggio sul mondo intero, ma il resto lo avrei dovuto fare io.
Accordo fatto.
Un lampo.
E neanche un istante dopo ero al di qua.
Come tutti sapete, i neonati arrivano nelle case trasportati dalle cicogne.
Milioni di questi meravigliosi volatili hanno attraversato i cieli del mondo per milioni di anni, sempre con il loro fardello tra il becco.
Come tutti forse non sapete il Centro Controllo Traffico Cicogne (C.C.T.C.) coordina in modo impeccabile i movimenti di questi abili trasportatori di vite, preparando con dovizia i voli con il dovuto anticipo...
Forse, per quanto mi riguarda, con troppo anticipo.
Ero già nel gate d’imbarco quando ancora stavano partendo i voli dell’estate dell’anno precedente.
Mi divertivo a guardare i voli in partenza cercando di indovinare dal peso e dalla forma del fagotto la destinazione del mio collega,
ridevo agli sforzi di certe cicogne che facevano una fatica animalesca per decollare con certi elementi.
La cosa positiva era che, avendo già passato i controlli di preumanità, potevo vagare tranquillamente nelle zone di imbarco.
Ero già curiosa e ciarliera, e chiacchieravo con molte delle persone che incontravo nei corridoi.
Sapevo che prima di essere insaccata dentro un fardello sarebbero passate molte ore e giorni, per cui mi ero organizzata..
Grazie a qualche chiacchera ero riuscita ad avere pass di accesso anche ad altri terminal, avendo così la possibilità di conoscere altri neonati di altri voli.
Ed è stato proprio in uno di questi miei giri di esplorazione che mi sono imbattuta in una zona di un terminal molto particolare.
Era la zona gruppi. C’era un grande salone di cui non si vedeva il soffitto, e ogni tanto ai lati si aprivano dei lunghi percorsi transennati che si dirigevano alle porte di imbarco.
Ad ogni cancello c’era una hostess.
Una con un cartello 2gmf, un'altra con il cartello 3gmmm, un'altra con 3gfmf, e così via , ad organizzare l’invio alla vita dei gruppi di gemelli, maschi e femmine.
Ma quello che stava attirando la mia attenzione era un corridoio stretto e lungo con tante scritte di divieto di ingresso, di senso unico contrario, di avviso e di pericolo.
Ho approfittato di un arrivo plurigemellare 6gmmffmf e nella confusione mi sono infilata nel corridoio correndo a più non posso.
Al di là sembrava di essere in un altro mondo.
Migliaia di persone chiacchieravano tra di loro,
molte erano raggruppate e vicine,
alcune leggevano pesanti depliant,
altri isolati a passeggiare vicino alle finestre e altre ancora sedute a rosicchiare matite su giornali di cruciverba...
La cosa scioccante è che erano grandi.
Adulti. Vecchi. Non so in che altro modo dirlo.
Non erano neonati. E a perdita d’occhio.
Avevo appena visto gli Expert.
Ne avevo sentito parlare, ma solo come una leggenda.
Gli Expert erano quelli che, dopo essere stati portati alla vita dalle cicogne ed aver vissuto la loro storia terrena, tornavano nel centro di formazione vite per rimanervi sotto forma di anime esperte, in una sorta di consiglio permanente di fabbrica a disposizione della produzione generale per miglioramenti e suggerimenti.
Ogni tanto avevano però diritto ad un viaggio in incognito nel mondo reale,
una sorta di gita per anziani per rivedere i luoghi di un tempo.
Non potevano essere visti, è ovvio.
Avevano a disposizione una specie di tappeto trasparente fatto di aria solida.
Una volta seduti su questo strano mezzo di trasporto si diventava praticamente invisibili diventando parte dell’aria stessa.
Solo uno sguardo attento di un umano poteva notare in controluce una maggior densità dell’aria, cosa che quando succede viene chiamata fantasma.
Ci vuole poco ad immaginare quanti miliardi di persone c’erano in quel terminal.
Intere epoche di esperienze erano raggruppate in lunghe file verso miriadi di imbarchi,
chi cantava, chi parlava, che urlava, chi litigava, tutto come nella vita…
L’essere neonati a volte è utile.
Serve per strisciare senza essere visti.
Ho trovato un accesso per un piccolo corridoio di servizio, su una passerella sospesa sul terminal.
E da quella posizione privilegiata ho visto quello che avrebbe cambiato per sempre la mia vita.
Un gruppo di expert tutti strani e colorati, alti e bassi, dalle andature ondeggianti e dalle parlate curiose.
L’essere neonati a volte è controproducente, non si ha l’esperienza di strisciare.
E così sono caduta sul velo invisibile di quel gruppo in partenza.
Potevo scappare, ma d'altronde cosa mai mi sarebbe potuto capitare.
Mancavano ancora molti mesi al mio imbarco, nessuno si sarebbe accorto della mia assenza...
E avevo un’occasione unica per soddisfare la mia voglia di vedere e la mia curiosità di sentire.
Nella parte posteriore di quel torpedone invisibile c’era un piccolo spazio rialzato, da dove potevo vedere senza essere vista, ed era anche comodo.
Un lieve strappo in avanti, e all’esterno di quella bolla luminosa si era fatto improvvisamente buio, e tutti i passeggeri si stavano assopendo in fretta, come colpiti da un raggio narcotizzante.
Non so perché non aveva fatto effetto su di me.
Però mi permetteva di spostarmi nel corridoio centrale, vagando tra le ampie poltrone e sbirciando i visi di quegli strani passeggeri.
C’erano uomini baffuti, giovani dai capelli lunghi, vecchi dalle barbe bianche, bianchi dalle barbe nere, neri dagli occhi grandi, solide signore dai capelli antichi, piccoli signori dai capelli grigi…
Quasi tutti avevano, tra le mani o in tasca, un notes o un libretto, tutti molto consumati e con le copertine mezze stracciate dall’uso e dal tempo.
Qualcuno era proprio deformato dalla quantità di foglietti schiacciati tra le pagine, un archivio pressato di chissà quali curiosità.
Dal mio basso punto di vista ho notato un foglio piegato in quattro che ciondolava tra una poltrona e l’altra delle prime file.
Curiosità e occasione.
Che miscela fantastica.
L’ho preso, e aprendo ho cominciato a capire.
Erano tutti artisti, di varie epoche e luoghi, ex-umani diversissimi tra di loro che erano stati uniti da un artistico motore comune di ricerca-di-qualcosa-senza-saper-bene-cosa.
Il pieghevole riportava il programma di viaggio, con puntate a Firenze, Parigi, Venezia, Stoccolma, Londra, Roma, luoghi sconosciuti in mezzo a campagne remote, scorci impossibili tra boschi in perenne movimento, respiri di salsedine su tappeti di sabbia…
E iniziò il mio viaggio...
E che viaggio…
Nove mesi di visioni, 270 giorni di emozioni che ti attraversavano come pioggia orizzontale senza farti male e lasciandoti miliardi di piccoli segni, 7000 ore a buttar giù ricordi senza saziarsi mai…e a segnarli su milioni di foglietti volanti infilati in una piccola scatolina...
... e poi il ritorno.
Giusto il tempo della mia partenza.
Fiatone a correre nel terminal, fiatone a raggiungere il mio imbarco,
fiatone a passare i controlli finali,
fiatone a nascondere il fiatone alla hostess del varco…
Ero a bordo!
Non era possibile.
Una preumana carica di un enorme bagaglio di esperienze e visioni non si era mai vista.
Appunto.
Troppo carica.
Al primo movimento verso la zona di decollo
la cicogna mi strattona e mi appoggia a terra.
Con il suo becco sensibile si era accorta che all'interno del fardello c'era un carico extra.
Dovevo lasciare lì la mia scatolina bianca in cui avevo stivato tutti i miei foglietti.
E dovevo fare in fretta.
La mia trasportatrice mi dava la possibilità di disfarmi di tutto senza far intervenire i controlli dello scalo.
Gli altri uccelli in coda si stavano spazientendo, bisognava pensare.
Non sono valse a nulla le mie disperazioni, i miei abbracci alle sue zampe e il mio gesticolare...
E quindi ho preso la scatolina, mi sono sporta dal fardello e l’ho lanciata fuori.
La cicogna soddisfatta si è girata e mi ha ripreso a bordo.
Decollo, un breve viaggio, una planata mattutina, un lampo…
E ero al di qua...
N.B.
Devo confessare una cosa.
Non volevo assolutamente perdere il mio patrimonio di appunti, perciò, quando ho abbracciato la zampa della cicogna, le ho legato la mia scatolina bucandola leggermente...
e ho fatto finta di buttarla via...
Se tutto fila come penso,
per tutta la durata della mia vita terrena,
ogni volta che la cicogna sarà in volo perderà dalla scatolina qualche foglietto...
così ogni tanto riceverò dal nulla uno dei miei appunti invisibili,
sotto forma di idee artistiche,
di spunti di creazioni,
di sogni di colori,
di sensazioni di immagini,
di brividi di pensieri…
Speriamo solo che non si faccia mai la zampicure...
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